Giuseppe Zollo

Giuseppe Zollo

Professore Ordinario di Gestione Aziendale presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale all’Università degli Studi di Napoli Federico II, già Direttore del Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa (COINOR) e coordinatore del dottorato internazionale in “Science and Technology Management”. Dal 2015 è membro del Comitato Scientifico del Complexity Institute.
E’ autore di centinaia di pubblicazioni scientifiche ed ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti internazionali.

Giuseppe Zollo interviene come Docente alla 6° Complexity Summer School del 2018 con un intervento dal titolo:

MENTE ARTISTICA

Se, trasportato per incantamento nell’età omerica, dovessi costruire un tempio al dio della complessità, tra i tanti dei e dee dell’Olimpo sceglierei Proteo, Il Vecchio del Mare, che può assumere tutte le forme del mondo. Perché la complessità ha questa proprietà irritante: non si lascia circoscrivere in una forma chiara, precisa e stabile. È cangiante e sfuggente, riluttante a disvelare i suoi segreti, come Proteo.
Se vogliamo comprendere adeguatamente i nostri tempi complessi, dobbiamo cercare di imitare la fluidità di Proteo. E chi ci riesce meglio sono gli artisti.
Recentemente gli scienziati hanno scoperto che il cervello per decidere attiva due vie: la via lunga del ragionamento razionale e la via breve della reazione emozionale. Se le due vie convergono la decisione è davvero convincente. Se no, è la via breve delle emozioni ad avere il sopravvento. Il che spiega perché, nella generalità dei casi, prendiamo decisioni emotive sulla base delle nostre sensazioni, senza esserne pienamente consapevoli. Poi ci arrampichiamo sugli specchi per darne una qualche giustificazione razionale.
La scoperta sorprendente è che le nostre emozioni non possono essere tacitate: se le ignoriamo perdiamo informazioni rilevanti col risultato che la decisione sarà di scarsa qualità o, addirittura, impossibile. Non c’è alternativa. Per prendere buone decisioni dobbiamo imparare a percorrere la via razionale e la via emozionale fino in fondo.  Le opere dei grandi artisti ci suggeriscono un metodo che vale la pena di approfondire.
Ma non finisce qui. La fluidità del pensiero creativo è solo la premessa per avvicinarci alla comprensione di un mondo complesso. Non dimentichiamo che Menelao, per far parlare Proteo ha dovuto bloccarlo con la forza, mentre Proteo cercava di sottrarsi  trasformandosi in “leone dalla lunga criniera,/  e poi serpente e pantera e cinghiale./Diventò anche liquida acqua e albero dall’alta chioma. Un dettaglio non di poco conto. La costrizione è essenziale per rendere produttiva una mente fluida.
L’insegnamento del mito si ritrova pari pari nelle ferree abitudini dei grandi artisti. Balzac, per costringersi a scrivere per ripianare i propri debiti, si incatenava a un ritmo giornaliero di un rigore brutale: cena alle diciotto, quindi a dormire. Sveglia all’una di notte per scrivere ininterrottamente sette ore fino alle otto di mattina. Quindi un sonnellino fino alle 9:30, poi di nuovo al lavoro fino alle 16. Infine, passeggiata o visite fino alle 18. Poi di nuovo si riprendeva.
Ritmi simili sono difficili da raggiungere, ma la routine è una gabbia essenziale. Simone de Beauvoir cominciava a scrivere alle dieci e continuava a scrivere fino all’una. Poi dalle 17 alle 21. Mozart, se altri impegni lo permettevano, componeva musica in mattinata dalle 6 alle 9 e dalle 17/18 fino alle 21. Matisse affermava che in cinquant’anni non aveva mai smesso di disegnare e dipingere. Ogni giorno due sessioni: dalle nove a mezzogiorno e dalle due fino alla sera.
La lezione di Menelao e Proteo è che la complessità esige una continua metamorfosi, perché l’ordine nascosto nella complessità è un ordine molteplice. Ma per trovare l’ordine della complessità è necessaria una gabbia di regole.

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