Enrico Reboscio

Enrico Reboscio

ENRICO REBOSCIO

Imprenditore in ambiti di progettazione e realizzazione di applicazioni vocali e multimodali

Enrico Reboscio nasce a Genova il 27/08/1964. Nel 1983 consegue la maturità scientifica presso l’Istituto Scientifico di Genova Enrico Fermi. Nel 1993 consegue la Laurea in Filosofia con specializzazione in Filosofia della Scienza con una tesi sperimentale imperniata sulla rilevanza dell’Intelligenza Artificiale e del Connessionismo in relazione alla Filosofia della Mente. Nel 2004 fonda la società DotVocal S.r.l. specializzata nella progettazione e realizzazione di applicazioni vocali e multimodali, in cui ricopre la carica di Amministratore Delegato e di CTO. In questa veste sviluppa una vasta esperienza tecnica e commerciale con piccole e medie aziende locali, ma gli viene data la possibilità di confrontarsi anche con grandi aziende, quali Lancia e Magneti Marelli del Gruppo Fiat o Wurth Phoenix del Gruppo Wurth, per la realizzazione di progetti innovativi ad alto contenuto tecnologico.

Dal 2009 al 2011 è stato membro del Consiglio di Amministrazione della società MicroEra S.r.l. di Torino, azienda specializzata in sviluppo e consulenza in ambienti SAP e SAS. Nel 2015 è socio fondatore di Happily S.r.l., start up innovativa specializzata nella consulenza per l’applicazione di piani di Welfare Aziendale e, più in generale, nei servizi dedicati al mondo HR.

Fin dai tempi del corso di Laurea in Filosofia ha sempre studiato e approfondito i temi legati alla complessità, specializzandosi in particolar modo nell’ambito delle reti neurali e dei sistemi di simulazione dell’attività cerebrale, utilizzando un approccio che riconosce una particolare rilevanza all’elaborazione dell’informazione.


Enrico Reboscio interviene come Esperto alla 6° Complexity Summer School del 2018 con un intervento dal titolo:

“Mente Umana e Mente Artificiale: simulazione vs riproduzione

La straordinaria crescita esponenziale delle capacità dei sistemi di Intelligenza Artificiale degli ultimi anni riportano alla ribalta il quesito proposto da Turing quasi settant’anni fa: «Possono le macchine pensare?»

Una riflessione su questo tema non può prescindere dal confronto tra le tecniche di simulazione e quelle di riproduzione di sistemi complessi.

L’intervento analizza il famoso esperimento ideale della «stanza cinese» del filosofo John Searle e ne propone una visione critica alla luce delle conoscenze sul funzionamento del cervello.


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